Le ricerche di Carlo Pace di Carlo Pesce (2006)

In occasione della mostra che fino al 23 febbraio sarà ospitata nelle sale della Galleria “La Cittadella”, abbiamo incontrato Carlo pace, artista schivo, eternamente accompagnato dai suoi pacchetti di sigarette, fondamentale per quella svolta informale data alla cultura pittorica alessandrina.

Lo studio di Carlo Pace trabocca di opere, si coglie immediatamente il percorso di un artista completo, unico, originale nel modo di fare arte, “un modo – come rilevato da Dino Molinari – completamente estraneo agli schemi della cultura figurativa in Alessandria a partire secondo dopoguerra“.

RicercaPaceI miei inizi – dice Carlo Pace – risalgono a quando ero poco più che un adolescente. A casa mia giravano molte opere – il padre Luigi era assai conosciuto non solo in città come collezionista di opere d’arte contemporanea, con una quadreria che spaziava da Bozzetti, Morando e Cafassi a Fillia, Cassinari, Fontana – ed era costante la presenza di galleristi, degli stessi artisti, di critici, di editori come Giampiero Giani. Costui era legato all’informale, soprattutto allo Spazialismo, un movimento che, come diceva Lucio Fontana, aveva colore, l’elemento dello spazio, suono, l’elemento del tempo e il movimento, che si sviluppa nel tempo e nello spazio. Nel 1952-53 iniziai a realizzare le prime opere, tutte senza ricorrere all’immagine, tutto non figurativo. Fu un momento rivoluzionario nel panorama alessandrino. Il lavorare con la materia fu un discorso molto avanzato, ricco. Questo lavoro si protrasse un decennio. Fu un momento intenso”, continua artista, “che si concluse nel 1962. È inutile cercare di stiracchiare le date: L’informale finisce proprio in quegli anni. La mostra di Modena (informale: Jean Dubuffet in arte europea dal 1945 al 1970, attualmente in corso nella città emiliana) propone anche opere che appartengono al 1970: Direi che in quel momento il movimento aveva già esaurito la sua spinta innovativa”.

Molti artisti però hanno proseguito sull’informale. C’è qualcuno che segna il limite estremo?

Lucio Fontana ha chiuso un’epoca. Il suo è stato un lavoro talmente nuovo, talmente rivoluzionario che ha fatto cessare qualsiasi attività novità pittorica: Fontana è inimitabile, Avvicinarsi a lui significherebbe copiare, senza alcuna giustificazione”

Quindi nessuna possibilità per l’arte contemporanea?

“La novità può essere nei materiali, nel cercare qualcosa che permette di scandagliare la natura attraverso la riproduzione di nuovi spazi, ma con nuove sostanze”

Dopo l’informale, cosa accadde alla produzione di Carlo pace?

“Dopo la ricerca informale ho avuto un periodo nel quale rappresentavo delle figure femminili, molto stilizzate. Si trattava di una parentesi sulla quale rifletto e vorrei riflettere ancora. Mi piacerebbe fare una mostra solo con questi pezzi. Negli anni 70 avviene l’ennesima svolta. Feci una mostra a Como e parlai a lungo con un critico, Mario Radice, il quale mi fece riflettere sulla ripetitività. Non so quali furono gli stimoli, che cosa si verificò, ma sentii che in quel momento dovevo usare molto nero. Il quadro diventava scuro, si piegava, si “ammalava”. Nacquero le”spine dorsali”, nere, sporche, dei simboli di torture, di una malattia del mondo.”

È forse il momento in cui Carlo pace dimostra la potenza della sua creatività. La novità è palese, eccezionale. Sembra che le spine dorsali rimangono anche dopo, riducendosi, evolvendosi in qualcosa d’altro. Segue, negli anni 80, un altro periodo intenso, minimale, condizionato dai cosiddetti Fonemi. Dietro questa produzione si nasconde una sensibilità straordinaria, una capacità di recepire lo spirito di ciò che ci circonda. I Fonemi sono il grido impercettibile del debole, della natura che non ha la possibilità di competere con il potente.

Concludiamo con l’ultima fase, quella ben rappresentata alla Cittadella

“L’ultima produzione è ancora incentrata sulla ricerca. Dopo essere ritornato al colore e alla sua forza, ho cominciato a lavorare con dei fili che si trasformano in segni e in forme. Tutto è iniziato dopo la mostra istituzionale antologica dell’Assessorato alla Cultura di Alessandria del 2003. Dopo mezzo secolo di produzione, mi sento ancora di sperimentare e di ricercare”.