CARLO PACE: “uno sperimentatore”

 

di Carlo Pesce

Carlo Pace è prima di tutto uno sperimentatore: negli anni Cinquanta, anni in cui ha cominciato a lavorare nel mondo dell’ arte,egli, sempre seguendo e coltivando la propria evoluzione astratto/materica, ha cercato di osservare le cose da vari punti di vista, traendo dagli oggetti l’ essenza ideale che permetteva loro nobilizzazione. In questo modo si è affermata una personalità di artista sempre più curiosa e esigente che è approdata naturalmente a affrontare una fruttuosa ricerca nell’ utilizzo della carta vetrata.La risposta coi suoi lavori ha poi dimostrato un sempre più evidente raffinamento formale, un raffinamento cercato all’ interno di materiali grezzi, contorti, valorizzati in un contesto privo di grazia spirituale, secondo una precisa intenzione di aprire la strada a un gusto che intende andar sotto la cute estetica per tentare di scoprire l’ ineffabile profondità dell’ esistere.

La carta vetrata ha assunto un preciso valore simbolico e può essere letta come  una “pelle” che fa affiorare l’ amaro dell’ esistenza, che si tinge di colature vivaci che sembrano evocare gli umori della vita. In quest’ ottica, la carta vetrata cessa di essere esclusivamente un supporto pittorico, ma si trasforma nell’ ennesimo pigmento, nel materiale con il quale Carlo Pace ha stabilito un rapporto costruttivo capace di trasformarlo in un mezzo potentemente evocativo. La carta vetrata diventa espressione di un modo di essere, diventa materia primordiale sulla quale si inserisce l’ impronta dell’ esistenza. Si può addirittura pensare che l’ autore abbia inseguito per anni una propria sensazione e che essa abbia prJ2153x2512-07762aeso corpo proprio -e solo- con questa materia che, per queste sue caratteristiche simboliche, si carica di una fortissima valenza vitale. Trovato il  “bandolo della matassa”, cioè compresa la drammatica poetica della carta vetrata, l’ azione del pittore è allora diventata via via più sicura e convinta. Durante la fase costruttiva dell’ opera d’ arte, il foglio di carta vetrata prodotto industrialmente è ridotto a porzioni geometriche di dimensioni e colori differenti. Esse sottoposte all’ azione pittorica, subiscono tali processi di trasformazione, che al compimento del lavoro contribuiscono a stravolgere completamente l’ assetto formale del quadro. Quest’ ultimo si presenta estremamente materico, aggettante dalla superficie, in grado di imporre una nuova debordante tridimensionalità. Inoltre, l’ elemento “quadro” è spesso arricchito da alcuni oggetti che tendono a conglobarsi ai granuli della carta vetrata, trasformando in “scultura” la piatta bidimensionalità dell’ opera conclusa. Carlo Pace ha così impresso un’ accelerazione carica di di forza alla ricchezza epidermica ella carta vetrata. Sulla superficie graffiante del foglio allo stato puro è stato costruito un apparato carico di dinamismo con delle colature apparentemente casuali.

Esse sono gettate sulla superficie in modo da ottenere un reticolo vascolare che completa l’ essenza organica di un materiale che l’ autore considera a tutti gli effetti proprio e carico do vitalità. La sensazione è quella di trovarsi di fronte un affannato movimento che deve essere portato a termine. Infine c’ è da sottolineare che, ancora una volta, nell’ estetica di Carlo Pace prevale quel gusto “affiorante” che aveva caratterizzato la fase delle “spine dorsali”, uno dei momenti più felici della carriera di questo pittore. Infatti l’ oggetto che si trova immerso nella rappresentazione pittorica, pare (ri)emergere al centro del quadro per naturali cause meccaniche che lo (ri)portano alla luce, scarnificato e depauperato di tutti gli elementi deteriorabili. La percezione che si ha di queste ultime opere di Pace è paragonabile a quella di polverosi catrami che lasciano affiorare inquietanti “ossature” di un’ umanità annientata e annichilita. In questa fase artistica a mostrarsi sono soltanto gli oggetti, animati da dinamismi cromatici di enorme impatto emotivo; si assiste alla rappresentazione di un dramma collettivo dal quale difficilmente sarà possibile uscire.

Carlo Pace si comporta come un antico demiurgo e adopera lo stesso espediente della Natura: colora le sue creature  per attirare gli sguardi  e una volta catturata l’ attenzione dell’ osservatore induce alla riflessione, facendo capire tutta l’ amarezza dell’ esistere.